Roberto Mancin si occupa di informatica, disabilità, robotica e pain management da oltre vent’anni. Oggi vi proponiamo il dialogo che abbiamo avuto con lui riguardo a questi importanti temi.
Dottor Mancin ci racconti di cosa si occupa
Da quasi venti lavoro presso il reparto pediatrico di Padova, sono laureato in informatica e ho la fortuna di essere il responsabile per le tecnologie innovative quindi ho l’opportunità di poter sperimentare, nel contesto pediatrico, le più moderne tecnologie che possono permettere a un bambino di provare un minore stress d’ansia prima di essere sottoposto a procedure dolorose e anche di migliorare la qualità di vita di chi purtroppo ha dei deficit motori, fisici e sensoriali. Io da sempre mi occupo di disabilità quindi ho anche esperienza personale per capire quanto, grazie alla tecnologia e all’informatica, sia possibile aggirare questi problemi.
Da quando ha iniziato questo lavoro quanti progetti ha seguito e quali sono stati quelli di maggior successo?
Cito solo il più recente: “Baby Goldrake” nato da una collaborazione con il liceo Fermi di Padova; il progetto ha unito la passione dei ragazzi per la robotica educativa all’aspetto sociale. I ragazzi sono venuti in reparto con il loro robot a far giocare i bambini ed è stata un’esperienza di grande successo. Grazie a questa collaborazione gli studenti hanno visto com’è possibile sfruttare le conoscenze acquisite per migliorare la qualità della vita dei bambini ricoverati.
E quali sono quelli che hanno ottenuto i migliori risultati?
Ho iniziato a occuparmi di robotica grazie al progetto Baby Goldrake in collaborazione con il Liceo Fermi. Uno dei progetti che ha ottenuto i migliori risultati è stato nell’ambito della scrittura di una tesi di Laurea in Infermieristica pediatrica che ho seguito con Giovanni Poggi. Questo studente ha utilizzato Nao nella stanza delle procedure, dove vengono eseguite le biopsie e le gastroscopie e questa ricerca ha dimostrato in ben quattordici casi che se il bambino prima di essere sedato ha la possibilità di interagire con il robot lo stress si dimezza e nei bambini tra i cinque e gli undici anni addirittura ha un calo del 70%. Da questa tesi nasce uno studio che stiamo per iniziare con il robot Pepper; abbiamo osservato che Nao è molto funzionale per i bambini piccoli mentre ha delle difficoltà con quelli più grandi che lo vedono come un giocattolo a causa della sua altezza (solo 65 cm, ndr). Pepper invece è alto 120 cm, ha dei movimenti sinuosi e una bella voce ed è adatto a ragazzi più grandi. Da quest’anno, grazie ad un finanziamento della Fondazione Cariparo, estenderemo questa terapia a tutti i bambini, circa tremila, che ogni anno vengono sottoposti a procedure dolorose. Passare da quattordici bambini a tremila è sicuramente un successo enorme oltre ad essere l’ennesima conferma del potere benefico che la robotica riesce ad avere in ambito clinico.
Quali sono le differenza principali tra Pepper e Nao?
Nao è un robot progettato dieci anni fa che ha dei grossi limiti soprattutto in ambito ospedaliero. Uno dei suoi problemi principali risiede nell’autonomia, infatti dopo mezz’ora di lavoro i suoi motori si surriscaldano e necessita di riposo inoltre avendo un sacco di giunture è difficile da igienizzare. Pepper è molto più adatto in ambienti come questo. È alto 1,20 pertanto i bambini di età maggiore non lo concepiscono come un giocattolo e inoltre ha delle batterie con un maggiore volume e questo gli permette una maggiore longevità durante la giornata.
Secondo lei Pepper potrebbe avere dei punti di forza anche nel campo del disordine autistico?
Sicuramente si ma in quel campo non vedo quali vantaggi possa avere rispetto a Nao. Pepper costa più del triplo quindi piuttosto che un Pepper ogni tre bambini sarebbe meglio un Nao per ogni bambino.
Quali sono i passaggi principali di una seduta di “robot therapy” nel vostro reparto?
Intanto è necessario sottolineare come siano solo quattordici i bambini con cui abbiamo provato questa “terapia” pertanto, per adesso, si tratta di uno studio osservazionale. Per parlare di terapia aspettiamo qualche mese. Da marzo credo che potremmo utilizzare i robot con tutti i bambini che vengono a fare delle procedure dolorose. Nel bambino il dolore è molto più psicologico che fisico quindi è sufficiente una carezza da parte dei genitori o la vista di un naso da clown per ridurre lo stress e l’ansia. Nonostante questo l’ansia aumenta la soglia del dolore e se un bambino arriva in reparto con un forte quantitativo di stress basta pochissimo per fargli del male. Grazie a delle tecniche non farmacologiche spesso riusciamo a diminuire questo stato di ansia ed è in questo contesto che abbiamo inserito i robot: Nao prima e adesso Pepper. Abbiamo osservato come il bambino con un alto tasso di stress diminuisca questo stress se viene accolto da un robot, oppure se è sempre questo robot ad accompagnarlo in sala operatoria o a improvvisare un balletto per lui. Inoltre Pepper ha la possibilità di parlare lingue diverse e questa capacità di adattarsi al paziente diventa fondamentale in un mondo multiculturale come il nostro.
Intervista a cura di Gianluca Pedemonte