Mothers with autism: ‘I mothered my children in a very different way’

Gli esperti sostengono che esiste una ‘hidden pool’, una piscina nascosta, di madri cresciute con autismo non diagnosticato. Queste donne spesso vengono a conoscenza della propria condizione solo durante la ricerca dei sintomi dei loro figli. Il quotidiano inglese The Guardian ha raccontato alcune delle storie di queste madri e donne affette dallo spettro del disturbo autistico. Ne abbiamo tradotte alcune:

 

È molto difficile per una donna ricevere una diagnosi da disturbo dello spettro autistico: infatti solo negli ultimi tre anni molti professionisti hanno iniziato a riconoscere che la condizione non è limitata ai maschi ma, benchè la casistica sia più limitata, può colpire anche le donne. Tuttavia risulta ancora più difficile essere una madre con autismo, e ancora più complesso in queste condizioni è crescere dei bambini autistici.

Gli esperti sostengono che esiste una ‘hidden pool’, una piscina nascosta, di madri cresciute con autismo non diagnosticato. Queste donne spesso vengono a conoscenza della propria condizione solo durante la ricerca dei sintomi dei loro figli. Un sondaggio condotto della National Autistic Society ha dimostrato che il doppio delle donne rispetto agli uomini non viene diagnosticato, il 10% femminile contro il 5% maschile.

Tuttavia, anche dopo che l’autismo è stato diagnosticato, le madri affette dallo spettro nascondono spesso la loro condizione al mondo esterno. “Il loro autismo, spesso non diagnosticato, causa dei problemi con i professionisti che seguono i loro figli“, ha detto la Dott.ssa Judith Gould, consulente principale ed ex direttore del Lorna Wing Center for Autism che ha sviluppato il primo e unico test diagnostico specifico per le donne e che insegna ai medici come riconoscere la diagnosi femminile in età adulta.

Il quotidiano inglese The Guardian, da cui è tratto questo articolo (che potete trovare in versione integrale cliccando qui), ha raccontato alcune delle storie di queste madri e donne affette dallo spettro del disturbo autistico. Ne abbiamo tradotte alcune e le riportiamo di seguito:

Laura James

Sposata con quattro bambini di età compresa tra 19 e 26 anni – due neurodiversi e due neurotipici – Laura James ha scritto Odd Girl Out, il primo memoir di una donna britannica con autismo. È stata diagnosticata nel 2016.

Ho cresciuto i miei figli in modo molto diverso rispetto ad una madre neurotipica. Per cominciare, non ho mai raccontato di niente, non mi sembra logico. Se stanno facendo qualcosa che non ti piace è perché hai un’idea preconcetta su come i bambini dovrebbero essere, comportarsi o guardare. È illogico. Se, d’altra parte, stanno facendo qualcosa di pericoloso, allora è molto più efficace sedersi e discutere con loro“.

Laura racconta che uno dei suoi figli era sempre uno studente modello mentre un altro di loro non era molto incline a studiare durante la scuola.

Sono molto orgogliosa di entrambi perché voglio che i miei figli siano soddisfatti e felici. Per me il successo accademico non è un passo logico verso questo obiettivo. Amo i miei figli disperatamente e farò tutto il possibile per loro tuttavia non sento quel senso di passione che i genitori neurotipici sembrano provare. Potrebbe essere a causa di questa mancanza di passione che ho un rapporto diverso con i miei figli rispetto alla maggior parte dei genitori“.

Nicola

Nicola, 39 anni,ha avuto la sua prima diagnosi a 34 anni dopo aver richiesto informazioni sull’autismo e sulle donne ricercando i sintomi del figlio. Il suo primogenito, Andrew, è stato diagnosticato a due e Nicola ha ricevuto la sua diagnosi sei mesi dopo. Ci sono voluti quattro anni invece per ottenere una diagnosi per sua figlia, Marion, di otto anni (i nomi dei figli sono stati cambiati, ndr).

I miei figli sono felici e sono molto bravi a scuola. Quale altra misura può dimostrare che sono una buona madre? Tuttavia, a causa del mio autismo, vivo nella paura. La società pensa che le madri autistiche siano, innanzitutto, un problema. Sono terrorizzata che i servizi sociali mi portino via i figli“.

Sono consapevole che il mio autismo mi aiuta ad essere una buona madre, le persone autistiche infatti hanno molte paure e la mia ossessione mi sta assicurando di fare tutto il possibile per dare ai miei figli tutto quello che serve: amarli, combattere per loro e crescerli in modo che diventino adulti sani e felici”.

Melanie Mahjenta

Melanie Mahjenta è stata accusata di una forma rara di abusi infantili – malattia fabbricata o indotta (FII) – da pediatri e servizi sociali nel 2015 durante la sua lotta per ottenere l’affidamento di sua figlia di tre anni, Rosie, a cui è stato diagnosticato l’autismo.

Nonostante i risultati di una valutazione clinica che ha scoperto che rientrava nello spettro a Rosie è stata riufiutata la diagnosi autistica nel 2013″, dice Melanie. “Credo che il team abbia rifiutato i risultati della valutazione perché avevano una mancanza di comprensione fondamentale sulle diverse manifestazioni dell’autismo, in particolare nelle femmine. Mi hanno negato anche un secondo parere e mi hanno accusato di fabbricare i sintomi di Rosie“.

I medici non hanno riconosciuto il mio autismo anche se ho detto loro che credevo di esserlo.  Avrebbero dovuto essere in grado di riconoscere il mio comportamento – che capisco possa essere impegnativo – come tipico di un genitore autistico. Invece, nel 2014, hanno tenuto una riunione per discutere se stavo esagerando i sintomi di Rosie. Questa preoccupazione ha portato direttamente ad un rinvio ai servizi per i bambini e Rosie è stata etichettata come una figlia in difficoltà.

“A quel punto i miei amici e la famiglia mi hanno detto di smettere di combattere per la sua diagnosi. Ma non ho potuto fermarmi: una parte dell’autismo non è in grado di far fronte all’ingiustizia”.

“Ma anche se questi tratti sono difficili da affrontare il mio autismo è stato in ultima analisi una buona cosa. Forse una persona neurotipica avrebbe pensato che il medico avesse ragione e si sarebbe scoraggiato. Oppure avrebbero smesso di combattere per la paura di perdere il loro bambino. Ma io ho combattuto e per questo non solo a Rosie è stato diagnosticato l’autismo, aprendo le porte per un maggiore sostegno, ma il nostro avvocato ha anche dimostrato tutte le mie ragioni e ha richiesto i danni ai medici che mi avevano tolto mia figlia”.

 

Articolo pubblicato sul The Guardian da Amelia Hill. Traduzione a cura di Gianluca Pedemonte