Scuola di robotica ha partecipato ad un progetto europeo chiamato Edurob e diretto dalla università di Trent a Nottingham che mirava a dimostrare come lo sviluppo cognitivo potesse essere migliorato attraverso l’apprendimento mediato dall’utilizzo di robot.
I robot possono fornire un potente metodo educativo alternativo a supporto degli studenti con difficoltà di apprendimento e, alcuni ragazzi, possono trovare l‘interazione con i robot più facile e meno minacciosa rispetto a quella con gli insegnanti umani. I robot inoltre possono svolgere un ruolo fondamentale nel migliorare gli apprendimenti informali che la maggior parte dei bambini sviluppano naturalmente mentre giocano. Scuola di robotica ha partecipato ad un progetto europeo, concluso nel settembre di quest’anno, chiamato Edurob e diretto dalla università di Trent a Nottingham che mirava a dimostrare come lo sviluppo cognitivo potesse essere migliorato attraverso l’apprendimento mediato dall’utilizzo di robot.
Questo progetto era dedicato a sviluppare una ‘app’ da utilizzare su un dispotivo mobile, come tablet e telefoni, in modo che docenti e ragazzi disabili potessero pilotare un piccolo robot senza la necessità dei primi di apprendere i principi della programmazione. Questa app, chiamata appunto Edurob app, caricata su un tablet android comprende nella forma tasti classici di avvio e di direzione, (come avanti, indietro, destra e sinistra) oltre ad una serie di scenari di apprendimento già programmati per rendere più semplice il lavoro del tutor o del docente che può selezionare uno di questi scenari di apprendimento per poterlo poi svolgere con i ragazzi.
“I gruppi target o beneficiari di questa app sono studenti con disabilità moderate e lievi quindi non ragazzi con gravi disabilità”. – racconta Fiorella Operto, Presidente di Scuola di Robotica e referente del progetto – “Possono essere ragazzi dai 9 ai 18 anni e, in alcuni casi, anche più piccoli. I robot impiegati per questo progetto sono stati l’umanoide Nao e il Mindstorm EV3 della Lego. Per quanto riguarda gli scenari di apprendimento si tratta di contesti generali in cui le materie STEM vengono trattate come materie di apprendimento però in modo informale. Per esempio un ragazzo grazie a questa app, tramite la quale controllava il robot, poteva seguire una linea oppure poteva attraversare un percorso obbligato facendo fare al robot determinati esercizi“.
Bisogna considerare che questi ragazzi molto spesso non hanno il senso dello spazio e del tempo quindi per loro destra e sinistra sono concetti complessi e sovente non hanno nemmeno il senso della misura. “Ovviamente il robot faceva queste azioni per loro quindi potevamo contare, per esempio, da quando un robot partiva da un punto a quando arrivasse e questo dava ai ragazzi il senso del tempo” prosegue Operto.
Attualmente questa app è disponibile su Edurob.edu ed è senz’altro molto utile. Le docenti che l’hanno utilizzata hanno avuto la possibilità di dare in mano ai ragazzi un oggetto concreto con cui i bambini potessero effettivamente avere il senso di poter controllare qualcosa. Questa parte di controllo è molto importante per bambini con disabilità cognitive o relazionali perchè quello che effettivamente manca loro è proprio questo senso di controllo che è una capacità che normalmente si ottiene dalla nascita e attraverso la crescita.
“Immaginate le difficoltà che avevano questi bambini, per esempio i ragazzi che ho seguito alla Gaslini-Meucci, che non riuscivano a controllare la mobilità fine dei polpastrelli. Per questi ragazzi era molto difficile anche riuscire a premere un tasto e riuscire a ottenere un risultato ‘remoto’, che attivava un oggetto lontano, era qualcosa di straordinario. Quando accendiamo il televisore utilizzando il telecomando stiamo utilizzando un controllo remoto e questo per noi è normale ma per dei bambini a cui manca questa idea generale del controllo la possibilità di avere un avatar esterno che compie determinate azioni in modo regolare è molto importante”.
“Edurob prevedeva anche delle sessioni di controllo senza robot e, nel caso dei due ragazzi autistici gravi che ho seguito, queste sessioni si sono dimostrate estremamente noiose per loro.”– conclude Fiorella Operto – “Questo ha confermato il fatto che questi studenti mantenessero meglio e più a lungo l’ingaggio – ovvero l’attenzione – grazie alla presenza del robot. Le insegnanti erano esterrefatte.
Durante le sessioni di controllo cercavamo di replicare in qualche modo le sessioni con il robot ma questo era molto complesso. Questa è l’ennesima conferma che il robot crea ingaggio. Infatti, mentre con il robot tutti i ragazzi erano ingaggiati e attenti per un’ora di fila, risultava difficile anche interrompere la lezione, durante le sessioni di controllo era difficile riuscire a mantenere l’ingaggio”.
Gianluca Pedemonte