A breve sarà disponibile una nuova versione di Roboable. Durante l’attesa vi racconteremo come funziona e quali sono le origini di questo progetto.
Negli scorsi articoli abbiamo parlato molto di Roboable, delle sue peculiarità e dei suoi punti di forza. Tuttavia anche Roboable ha vissuto un periodo di sperimentazione che non abbiamo ancora analizzato a fondo e che merita di essere raccontato. Come abbiamo ripetuto più volte il progetto è fondato sulla semplicità, sulla versatilità e sulla piacevolezza, infatti l’utilizzo del device è semplice e intuitivo.
La prima azione da compiere per avviare il gioco con Roboable è inserire nell’unità base una delle apposite cover dotate di sensori. È necessario ricordare che per ogni maschera emozionale (o cover) viene sviluppato uno scenario interattivo che veicola specifici contenuti e che gli obiettivi dello scenario variano a seconda delle capacità del potenziale utilizzatore. A questo punto per iniziare il gioco è necessario scegliere un supporto idoneo con il quale collegarsi. Infatti il device robotico è in grado di dialogare con diversi supporti come pc, proiettori, smartphone e tablet. Una volta fatta questa scelta si dovrà scaricare il software dal sito di Scratch per creare le animazioni, dopodichè sarà possibile iniziare a giocare e l’accensione avverrà col solo movimento del device.
Il terzo e ultimo passaggio è quello dell’interazione vera e propria tra device-utilizzatore e l’interfaccia grafica. Ad ogni azione compiuta con Roboable infatti corrisponde una reazione dinamica nello scenario di gioco. Non ci sono tasti, joystick o joypad ma semplicemente attraverso il movimento si generano azioni all’interno dello scenario interattivo.
Al compimento di ogni azione è associato un feedback di tipo sonoro e visivo per l’utilizzatore, in modo che il bambino sappia in ogni momento se il suo comando ha avuto un esito positivo o negativo. Il sistema Roboable può dare la possibilità agli educatori e ai terapisti di creare infiniti scenari interattivi ed altrettante infinite possibilità di upgrade di uno stesso scenario a seconda delle necessità e delle “abilità” dell’utente. Contemporaneamente esiste anche la possibilità di sviluppare infiniti controller di gioco, ciascuno idoneo ad uno o a più scenari interattivi.
Parallelamente alla sperimentazione in ospedale è stata realizzata anche un’attività di ricerca per rilevare gli atteggiamenti e i feedback degli utilizzatori e, grazie ai risultati confortanti ottenuti dai test, si è potuta avviare una seconda fase di sperimentazione. Durante questa fase si è operato per cercare di comprendere se, e come, l’utilizzo del sistema Roboable potesse rivelarsi una risorsa cruciale per specifici ambienti di apprendimento. Infatti uno degli obiettivi cardine del progetto è quello di creare un dispositivo capacitante che, attraverso la semplice simulazione e la costruzione di modelli, possa generare integrazione cognitiva tramite l’apprendimento attivo e costruttivo, problematico e contestuale.
Dal confronto con gli operatori che si occupano dell’educazione di bambini fragili è emersa la necessità di progettare una nuova versione del dispositivo, capace di rispondere alle nuove esigenze evidenziate. I nuovi prototipi sono stati sviluppati con l’obiettivo di dare la possibilità ai bambini di interagire secondo modalità nuove e creative, attivando interazioni ricche, dinamiche e flessibili capaci di rispondere all’intera gamma di esigenze degli utenti. Nell’elaborazione della proposta finale si è cercato di offrire semplicità ed elasticità, insieme alla possibilità di interazione universale. Queste caratteristiche hanno consentito a Roboable di interagire e comunicare con gli utenti al momento opportuno dando la possibilità di variare le attività di gioco in maniera fluida e non traumatica.
Dopo vari tentativi, il parere dei terapisti e degli educatori ha messo in luce la necessità di dover progettare un dispositivo che non facesse ricorso eccessivo alla tecnologia, ovvero progettato in modo da aderire ai tempi di reazione dei bambini con autismo, senza travalicare le loro capacità. Per farlo è stato necessario studiare gli utenti, osservandoli nella vita quotidiana per comprendere il ruolo che avrebbe avuto il progetto proposto. E’ stato necessario quindi compilare, rifinire, e analizzare le osservazioni fatte per determinare il nuovo prototipo, le sue funzioni, le sue operazioni, cercando di andare oltre il problema oggettivo per sviluppare soluzioni che soddisfacessero concretamente le esigenze dell’utente.
Per questi motivi, il nuovo prototipo sperimentale prevede che le cover vengano “fabbricate” dal bambino stesso per coinvolgerlo e favorire una sua maggiore immedesimazione nella fase di gioco. Per farlo si è scelto di utilizzare delle semplici bottiglie, personalizzate dai bambini e successivamente avvitate sull’unità base: in questo modo il bambino può creare il proprio personaggio di gioco (simile o identico a quello contenuto nello scenario programmato con Scratch). Nella precedente versione le cover erano state realizzate con la stampa 3D e composte da due scocche simmetriche tenute insieme con viti passanti; nella nuova versione, invece, l’unità base si compone di un unico pezzo a sezione ottagonale.
I risultati raccolti sottolineano come un processo di sviluppo del progetto inquadrato sugli esseri umani è non soltanto appropriato ma anzi necessario. Un tale sviluppo richiede una serie di capacità tra le quali la tecnologia e l’esperienza dell’utente rivestono un ruolo fondamentale. Al di là dei risultati raccolti è possibile affermare che un approccio capacitante alla progettazione consente di realizzare prodotti in grado di rispondere alle esigenze di quanti ne faranno uso, capaci di soddisfarne le necessità, sia in termini di funzionalità sia di estetica, e fare in modo che gli stessi prodotti siano di facile comprensione e utilizzo.
Gianluca Pedemonte