Vi proponiamo un interessante articolo pubblicato dal Guardian tradotto e commentato dallo staff di Scuola di Robotica
davanti a Zeno. “Qual è il tuo cibo preferito?” domanda Zeno a Anthony: “latte al cioccolato e patatine fritte”. “Mi piace il cioccolato al latte”, risponde Zeno. Il robot solleva il braccio e Anthony lo imita. Zeno si massaggia lo stomaco, e così fa Anthony.
Sembra divertente – e per Anthony lo è tuttavia i ricercatori ritengono che l’interazione tra Anthony e il robot, oltre a essere piacevole, possieda anche la chiave per la diagnosi precoce e il trattamento dell’autismo. Zeno è il risultato di una collaborazione tra il Dottor Popa dell’Università del Texas ad Arlington, Hanson RoboKind, Dallas Autism Treatment Centre, Texas Instruments and National Instruments – ed il titolare di Hanson Robot ed ex creativo Disney David Hanson.
La diagnosi dell’autismo infantile avviene tradizionalmente attraverso l’analisi delle interazioni sociali e degli esercizi comunicativi (se volete saperne di più ne parliamo qui, ndr). Zeno può interagire con i bambini attraverso la comunicazione non verbale, come i movimenti del corpo e le espressioni facciali, accelerando così la diagnosi.
Zeno tuttavia non viene utilizzato solo per le diagnosi. I bambini con autismo possono trovare le interazioni sociali minacciose e questo, alcune volte, può allontanarli dalla famiglia. I robot, come Zeno non sono esseri umani anche se hanno caratteristiche umanoidi. Queste peculiarità rendono la comunicazione, con tutte le sue tortuose sfumature, meno complicata e più rassicurante per il bambino.
La madre di Anthony, Pamela Rainville, ha scoperto Zeno grazie all’Autism Treatment Center di Dallas e pensava che questo progetto potesse aiutare suo figlio. “È sempre un bene per lui trovarsi in situazioni fuori dal suo contesto abituale e dalla sua routine. Ogni volta che Anthony si trova insieme ad altre persone si tratta di un’occasione per apprendere cose nuove e crescere”.
Finora Anthony ha seguito due sessioni di terapia con Zeno. Pamela crede che il risultato ottenuto con il secondo incontro sia migliore di quello ottenuto nel primo e si aspetta un miglioramente costante durante gli incontri successivi.
Il Dottor Popa ritiene che Zeno sia un buon motivatore per i bambini perchè è coinvolgente, amichevole e i bambini lo ascoltano. “L’idea è quella di utilizzare il robot per insegnare ai bambini alcune abilità sociali e, allo stesso tempo, osservare le loro reazioni e calcolare i loro tempi di reazione. Questi dati potrebbero aiutarci a collocare meglio la gravità del disturbo all’interno dello spettro dell’autismo”.
Si dice che ci siano tre modi in cui i terapeuti possono utilizzare Zeno. “La prima modalità viene chiamata “scripted mode of interaction”, e prevede una sequenza di movimenti programmata in precedenza. Per la seconda modalità invece abbiamo aggiunto un sistema di controllo in modo da avere un operatore o un terapeuta a controllare il robot: in questa modalità Zeno rispecchia i movimenti dell’istruttore.
Nella terza modalità è il bambino ad assumere il controllo del robot tuttavia “questa modalità può essere pericolosa a causa dell’utilizzo che il bambino può fare del robot e che può portarlo a ferirsi quindi si tende a usare questa modalità solo a scopo di entertainment “.
Zeno ha anche un “fratello”, Milo, creato appositamente per lavorare con i bambini. Secondo Richard Margolin, director of engineering presso la Hanson RoboKind, alcuni bambini con disturbo autistico che non avevano mai avuto interazioni dirette con un adulto sono riusciti ha parlare con Milo.
Milo è molto simile a Zeno. La sua espressività è una caratteristica molto importante in quanto una delle peculiarità dello spettro dell’autismo è l’incapacità di leggere e comprendere le emozioni altrui. I bambini vengono quindi invitati a identificare le emozioni mostrate da Milo indicando su un iPad varie opzioni.
Durante una seduta il bambino indossa un monitor sul torace che registra i cambiamenti nella frequenza cardiaca e quindi le emozioni. Una tipica lezione prevede Milo e il bambino interagire face to face: in questo caso il bambino risponde al robot attraverso un iPad mentre il terapista o l’insegnante presente annota le difficoltà e i progressi.
ontano “parente” di Milo e Zeno chiamato “Kaspar”. Questo robot è stato creato per interagire con i bambini piccoli e ha un’espressione neutra in modo che i bambini possano interpretarlo come desiderano.
È in corso una ricerca per valutare le qualità di Kaspar con bambini affetti da altre patologie dello sviluppo come la sindrome di Down o la sindrome da deficit di attenzione e iperattività, nota anche come ADHD.
Un altro lontano parente di questi robot è Nao, creato nel 2006 da Aldebaran Robotics. Questo robot viene utilizzato come strumento educativo e l’Autism Centre for Education and Research della University of Birmingham sta lavorando con Aldebaran su una versione di Nao dedicata a coloro che soffrono del disturbo dello spettro autistico.
La carattere distintivo di Zeno e Milo risiede nella loro espressività che va a sottrarsi alle antiche convenzioni dei robotici. Progettati per essere i primi robot del mondo dotati di avanzate capacità sociali potrebbero infine ricoprire un ruolo fondamentale nella diagnosi e nel trattamento dell’autismo. Robokind prevede addirittura un ruolo sempre più ampio nel settore dell’edutainment per i bambini piccoli. Nei sogni dei suoi creatori Zeno rappresenta il futuro della robotica e potrebbe essere “un fantastico complemento per ogni famiglia”.
Questo articolo del Guardian è stato pubblicato nel 2015 e se siete interessati potete trovare il testo originale e integrale qui. Noi di Scuola di Robotica riteniamo che questo sia un ottimo articolo che riesce a delineare un quadro chiaro e conciso dei progressi nel campo della robotica e dell’autismo che sono stati collezionati negli ultimi anni in tutto il mondo inoltre non trascura i riflessi etici e morali che sono impliciti e necessari ad un argomento così sensibile. Nonostante tutte le precauzioni necessarie riteniamo infine che sia il momento di approfondire le interazioni che avvengono tra i robot e i bambini affetti dal disturbo dello spettro autistico ed è proprio per questo che portiamo avanti il progetto Roboable.
Articolo di Eleanor Tucker, tradotto e commentato da Gianluca Pedemonte